recensione film False verità di Egoyan  

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locandina false verità di egoyan Recensione film  21-04-06   a cura di G.R. 

FALSE VERITA’ DI ATOM EGOYAN: 

L’EREDITA’ DI BECKETT AL CINEMA          

                                                                                                            

Da poco uscito nelle sale italiane l’ultimo film di Atom Egoyan, il regista canadese, di origine armena, autore di Il Dolce Domani, Il Viaggio di Felicia, Ararat.

Tutto il cinema di questo regista, tortuoso e cerebrale, ha come punto di riferimento un testo teatrale di Samuel Beckett, L’Ultimo Nastro di Krapp. E’ nota infatti la predilezione di Egoyan per questa pièce che aveva messo in scena parecchie volte con la sua compagnia teatrale dilettante, prima di intraprendere la cariera di regista. Più recentemente, nel 2000, ne ha realizzato un adattamento televisivo all’interno del progetto “Beckett on Film”, in cui 19 opere di Beckett sono state tradotte per il piccolo schermo da famosi registi.

Patrick Magee attore di teatro e cinemaKrapp’s Last Tape è stato scritto da Beckett nel 1958 e pensato su misura per il grandissimo attore, di teatro ma anche di cinema, Patrick Magee. Un testo rivoluzionario che vede un vecchio personaggio ascoltare i suoi nastri registrati trent’anni prima, un dialogo (o un monologo) di un uomo anziano con se stesso giovane reso possibile dalla tecnologia delle registrazioni audio. Viene espressamente detto nel testo che le due voci di Krapp debbano essere diverse, pur appartenendo allo stesso attore: quella registrata deve essere forte, solenne per rimarcare la differenza con la voce senile recitata dal vivo. In Krapp’s Last Tape sono distinguibili almeno tre diversi momenti temporali: quello di Krapp vecchio che ascolta i nastri, che Beckett situa in un generico futuro (perché all’epoca in cui fu scritto i registratori erano un’invenzione recente); il tempo in cui Krapp aveva inciso quei tape, a 39 anni, e poi i tempi in cui sono ambientati i ricordi che Krapp racconta nei nastri, uno di questi, quello dell’addio all’amore, è situato 12 anni prima (Krapp a 27 anni quindi).

In tutti i film di Atom Egoyan, similmente, il tempo viene frantumato e spezzettato, la narrazione si snoda attraverso diversi piani temporali e a fare da interfaccia tra di essi sono vecchi homevideo, vecchie trasmissioni televisive, corrispettivi tecnologici dei nastri di Krapp. Bob Hoskins che, ne Il Viaggio di Felicia, vede se stesso bambino nelle rubrica di ricette che la madre conduceva per la TV, è uno dei tanti esempi.

da "True lies", "False verità"
Anche in False Verità abbiamo a che fare con vecchi programmi televisivi. Negli anni ’70 Karen (Alison Lohman), una giovane giornalista, è incaricata da una casa editrice di scrivere un libro su una coppia di star televisive degli anni ’50, Lanny Morris (Kevin Bacon) e Vince Collins (Colin Firth), la cui carriera fu interrotta da un oscuro episodio: il cadavere di una ragazza trovato in una cassa a loro destinata. I due vennnero scagionati ma il delitto rimase senza colpevovole. Karen vuole fare luce su quel fatto, non le pare vero che Lanny Morris, cui era molto affezionata, ne possa essere stato coinvolto. Lei infatti lo conobbe personalmente in un’occasione molto particolare: da bambina fu ospite di una loro trasmissione telethon (di raccolta fondi per la ricerca medica) in quanto guarita miracolosamente dalla poliomelite. E, nel presentarla, Lanny Morris ebbe un momento di forte commozione davanti alle telecamere.

Abbiamo anche in questo caso tre piani temporali diversi: quello degli anni ’70, in cui Egoyan tenta di ricreare l’atmosfera paranoide dei film noir di Pakula e usa, come accompagnamento, musiche di Santana; quello degli anni ’50, dall’atmosfera glamour e con contorno di musica jazz; e poi ci sono alcuni momenti in cui la voce off di Karen racconta la storia oggi, dopo la morte della madre della ragazza il cui cadavere era stato ritrovato nella scatola. Questa voce off è diversa dalla voce di Karen negli anni ’70, è la sua voce invecchiata proprio come quella di Krapp, ed è proprio questo a suggerirne la distanza temporale.

Dopo aver fatto un film, Ararat, sul genocidio degli Armeni, Egoyan si cimenta con un noir. Come nella migliore tradizione di questo genere, si giungerà a scoprire la verità definitiva, di quello che è successo, solo dopo essere passati attraverso una serie di verità apparenti, in questo caso però le diverse versioni dei fatti sono sempre fornite dallo stesso personaggio. Alla fine non potrà non rimanere il dubbio che nemmeno l’ultima sia la verità autentica, ma un’ulteriore menzogna. L’ambiguità è già presente nel titolo del film (quello originale “Where the Truth Lies” si può tradurre sia come “Dove giace la verità” che come “Dove la verità mente”) e non risparmia le immagini delle riprese televisive, pur nella loro oggettivazione fotografica.

Egoyan riprende poi il discorso, centrale ne Il Dolce Domani, sul ruolo palliativo della giustizia nella società umana. Una volta scoperto il colpevole dell’omicidio, Karen si pone il problema dell’utilità di una sua denuncia. A che servirebbe? Non elimirebbe certo il dolore della madre della vittima.

Il cinema di Egoyan è caratterizzato da uno sguardo etologico sui personaggi, che vengono vivisezionati fin nei meandri delle loro pulsioni, sia nella loro vita reale sia nel loro modo di mettersi in scena. Ci sono molte scene di sesso “estremo” (reali o immaginate?), ma le nudità dei personaggi servono a mettere in luce la loro reale fragilità, il loro essere vulnerabili. Viene poi scandagliata la psicologia del divismo, la sindrome di onnipotenza cui si può arrivare e che può condurre all’autodistruzione. Ad interpretare il divo è Kevin Bacon, star hollywoodiana nella realtà. Egoyan racconta questo episodio: un giorno dovettero interompere la lavorazione del film per permettere a Bacon di partecipare ad un talk show. Ma approfittarono della situazione per assistere alla trasmissione e studiare il suo comportamento da star traendone così indicazioni da utilizzare nel film

Ad una recente presentazione di False Verità, Egoyan ha parlato di un altra pièce di Beckett che apprezza molto, si tratta di Dis Joe, un testo del ’65 scritto per la televisione. Egoyan ha raccontato di avere appena assistito ad una rappresentazione di questo testo a Dublino, nell’ambito del Beckett Centenary Festival (ricorre quest’anno il centenario della nascita, se n’è accorto qualcuno in Italia?): si tratta di una rara rappresentazione teatrale di quest’opera televisiva che si basa sul progressivo avvicinamento dell’inquadratura sul personaggio di Joe, mentre il testo è recitato da una voce femminile fuoricampo. Nel recente spettacolo dublinese si è scelto di riprendere con una telecamera l’attore, proiettandone contemporaneamente l’immagine su uno schermo. Nel 1977 venne presentata a Spoleto una storica rappresentazione di Dis Joe, per la regia di Romolo Valli. In quel caso, vista la tecnologia disponibile, fu semplicemente proiettato un filmato preregistrato mentre un’attrice recitava il testo in sala.

  

Per approfondire:

http://www.egofilmarts.com/         il sito di Atom Egoyan, contorto come i suoi film

http://wherethetruthliesfilm.com/main.html           sito ufficiale del film

http://www.beckettonfilm.com/       il sito del progetto Beckett on Film, da cui si può acquistare il dvd

(  http://www.gate-theatre.ie/forthcoming.html     e    http://www.barbican.org.uk/beckett 
i siti con il programma del Beckett Centenary Festivan a Dublino e a Londra )  

Segnalateci se i sopra citati link fossero diventati inattivi,
   
Immagini gentilmente catturate dal sopra citato sito ufficiale del film ( http://wherethetruthliesfilm.com/main.html )
I diritti d'autore si intendono riservati ai rispettivi proprietari delle immagini.

    
   
   

Recensioni cinema e teatro 

rubrica a cura di Giampiero Raganelli per www.cantierinomadi.it 

Associazione di pratica e cultura teatrale a Pavia e gruppo teatrale Studio Aktera